Il sentiero si apriva con una grande pianta il cui tronco non si lasciava abbracciare tanto era immenso. Marita appoggiava il capo alla superficie sugherosa, stava lì un poco, a parlare. Era il guardiano del sentiero. Solo lui concedeva il passaggio.
Quando sentiva il calore emanare dall’albero, Marita capiva di avere il permesso di proseguire.
Allora poteva cogliere il tripudio degli uccelli: un coro di benvenuto. Prima, anche se avesse proseguito, sarebbe entrata in un mondo sordo, afono, quasi avesse le cuffie isolanti sulle orecchie.
Ora invece distingueva i diversi sussurri di quel mare scorrevole, uno sciabordio, un tuffo di germano reale, un salto di trota, il secco rumore di sasso caduto, uno sfarfallare di foglie scosse dalla brezza, uno sgusciare rapido di ramarro.
E anche rumori lievi di passi sfioranti la terra.
Rapide corse leggere, non certo umane.
Marita camminava lenta, l’occhio si posava su ogni tralcio, sui sassi muschiosi, sull’acqua cangiante, sugli alberi che scorreva dalle radici alla chioma.
Vide aprirsi la corteccia, quasi una porta sul tronco. Si fermò in attesa. Sgusciò fuori una figura verde, pareva nebbia leggera, si mosse, sparì negli intrecci del sottobosco.
Marita aveva visto, ne era certa, una donna, giovane e svelta, silenziosa e agile.
Riportò lo sguardo alla base dell’albero: la superficie del tronco era liscia, quasi avesse perso la corteccia: bianca, liscia, a triangolo, pareva una porta, ora chiusa.
Avanzò attenta, ogni tanto sostava ad abbracciare un tronco: ne sentiva il richiamo :
“ Marita, ciao!” “ Benvenuta Marita!”.
Non erano voci per orecchi umani, erano vibrazioni che il suo corpo coglieva e che lei sapeva distinguere.
Entrare nel sentiero era come recarsi nella piazza di paese in giorno di mercato.
A Marita piaceva.
Era arrivata vicino agli “ Amanti”. Due alberi dai tronchi avvolti e intrecciati, le radici parevano sbucare dalla terra come da una stessa pianta, ma poi prendevano vita due diverse piante avvitate tra loro, le chiome fuse.
Nelle notti di luna Marita sapeva che assumevano forme umane, correvano sino al fiume ridendo, si tuffavano, a bracciate passavano all’altra riva e poi ripercorrevano a ritroso la strada, sgocciolanti si sedevano sul grande masso.
Prima dell’alba rientravano nei loro abiti di corteccia, univano corpi e mani, aspettavano il successivo plenilunio.
Marita si disse che anche lei sarebbe venuta, non voleva perdersi l’incanto della metamorfosi.
Intanto abbracciò la coppia di alberi e si sentì quasi avvinghiare.
Sussurrò: “ Vengo al prossimo plenilunio” e le foglie palpitarono improvvise, senza nessuna folata di vento.
Sulla spalletta del ponte dondolava una figura bionda e leggera, cantava.
Marita si fermò: gioia, malinconia, giorno e notti scorrevano in quelle note che di botto rimasero sospese nell’aria mentre l’acqua si increspò per il tuffo. “Sirena o anguana?” .
Glielo aveva detto nonna che quel sentiero era magico, che ci si poteva perdere, anche se scorreva poco lontano dalla città.
Marita coraggiosa continuò il percorso da poco iniziato. Lei voleva entrare nella magia, non si sarebbe smarrita. Ascoltava gli alberi che incontrava, le parlavano e lei sapeva che erano le sue guide.
Il sole la toccò lievemente: “ Benvenuta Marita”.
Lei rispose al saluto con un sorriso, raccolse il raggio e se ne fece un nastro che mise tra i capelli. Sparì la sua ombra, divenne figura diafana, impalpabile.
Era iniziata la sua metamorfosi in donna – natura.
Ora invisibile agli occhi umani, vedeva tra gli alberi gli abitanti del bosco. Uscivano dai tronchi, si tuffavano nel fiume, sui massi stavano a cantare, a sera rientravano nelle cortecce e il sentiero si svuotava delle magiche presenze.
Ma nei pleniluni sarebbero tornate forme umane, magiche sirene e anguane, chi le avesse viste si sarebbe trasformato in Essere – Natura.
Lentamente il sentiero sarebbe stato popolato solo da questi nuovi esseri, nessun umano avrebbe potuto entrarci per sbancare le rive, tagliare gli alberi, gettare manti d’asfalto.
Fosse entrato con queste convinzioni, i magici abitanti del sentiero lo avrebbero saputo, loro coglievano le vibrazioni di ogni essere, lo leggevano come fosse un libro aperto. Avrebbero bloccato e fatto prigionieri uomini e donne pericolosi per questa terra. Trattenuti da lacci invisibili avrebbero vissuto per sempre nel sentiero.
Agli occhi del mondo ciò equivaleva ad una sparizione. Per questo veniva detto il sentiero magico. Da alcuni temuto, da altri amato.
Chi lo amava veniva accolto e diveniva esso stesso figura magica, poteva entrare o uscire in libertà. Portando nel mondo esterno un po’ della magia raccolta.
Marita, Donna – Natura, in quel momento ebbe la certezza che la terra sarebbe divenuta paese di armonia.