La pioggia cominciò a cadere: prima sui monti, creando un velo grigio, poi si avvicinò alla pianura e finalmente si aprirono i rubinetti del cielo anche sulla casa.
Mesi di siccità, autunno, inverno e mezza primavera.
Anna Chiara pensò che quell’acqua era per lei. Avrebbe lavato strati di ricordi sommersi , forse volutamente affondati.
Sarebbe emersa la sua vera natura: vascello fantasma o nave da esplorazione?
Vedeva le foglie delle piante in vaso aprirsi a un verde deciso, nascosto sotto il grigio smog.
Avrebbe dovuto lavarle una ad una anziché limitarsi ad annaffiarle, le aveva trascurate come chi sa che lì non ci starà più, diminuita l’attenzione, la cura, in attesa di un trapianto.
Aveva lavato proprio quel mattino il terrazzone: lunghi metri coperti da smog tanto da renderlo vecchio bacucco. E aveva realizzato che tutta quella polvere lei se la beveva ogni giorno. Casa malsana, troppo vicina all’arteria trafficata della città.
Poi si era gustata il caffè al sole dell’altro terrazzino: lì silenzio, edera giubilante, pensò che era una delle ultime tazzine che assaporava a quel tepore.
Immaginò dove avrebbe continuato a sorseggiarlo, in quale livello di silenzio e solitudine. La solitudine se la sarebbe portata via con uno dei tanti scatoloni che stava riempiendo.
Anche se era molto popolata: cuore e mente erano mondi vivi, che lei avrebbe coltivato sempre.
Il silenzio di un mondo fuori dal traffico sì, lo avrebbe gustato a patto di non vivere in un luogo isolato. Si era abituata alla presenza rumorosa e far piazza pulita sarebbe stato come trasferirsi nel deserto.
Difficile affrontarlo: non ci sono inganni. Lì ti trovi tu e tu a confronto.
Succedeva già. Nelle ore notturne quando il sonno sfilava lontano, succedeva proprio questo: un confronto serrato con se stessa. E non poteva scappare. Ormai stava imparando ad affrontare questi momenti anche se non sempre aveva risposte adeguate a ciò che si chiedeva.
Sentì squillare il campanello: era l’agente immobiliare col futuro cliente e moglie. Entrarono per un sopralluogo. Anna Chiara li guidò per la casa quasi fosse un cicerone, con distacco, pur pensando che quelle presenze avrebbero occupato gli spazi da lei abitati per lunghi anni.
“ Ma sì, in fondo la casa è come un vestito. Ha le sue stagioni, lo si cambia” si disse mentre apriva le porte delle stanze.
Gli occhi dei visitatori avevano già dentro il futuro cambiamento, muri tolti, aggiunti, spazi rinnovati, cambiati, c’erano i sogni.
“ Giusto” continuò a dirsi Anna Chiara. “ La vita continua, anche quella della casa. Con me ha i battiti rallentati, con loro riprenderà fiato e respiro. Altre voci trillanti, altri passi forti, risate, animeranno i muri ora silenziosi”.
Pur immaginando la fatica di togliersi quel vestito, Anna Chiara era consapevole e contenta del cambiamento, radicale, per lei e per la casa stessa.
“ E’ tempo di linfa nuova “ si disse. “ Anche nei campi si fa la rotazione delle colture per far riposare il terreno e permettere future coltivazioni rigogliose”.
Salutò i visitatori sorridendo, la mente occupata a pensare al falegname da chiamare per smontare i mobili, al camion per trasportare quelli buoni da tenere e quelli da portare in discarica.
La discarica non le piaceva. Avrebbe voluto offrire a tutte le cose una seconda occasione di vita, con altre persone, uno scambio energetico che avrebbe regalato al mondo momenti nuovi.
Avrebbe tentato in ogni modo per riuscirci. Le pareva di essere un bosco, luogo dove tutto nasce e muore e si ricicla in vite nuove. “Il bosco è vita” pensò e sentì i suoi pensieri stormire come fronde al vento della primavera.