A Narcisa pareva che il passato ottobre fosse stato l’incipit della vecchiaia: una vecchiaia precoce e improvvisa.
Mentre sorseggiavano il caffè al 101 l’amica Laura parlava dell’invecchiamento con serenità. “ E’ una nuova età da vivere al meglio di tutte le possibilità.” diceva.
Narcisa sorrideva perplessa: non era così ottimista. Lei riconosceva la propria tendenza a chiudersi in casa, nella pigrizia della routine.
Laura le stava dicendo, con gli occhi luminosi, che quando il corpo invecchia il tempo si dilata, c’è posto per tante riflessioni, per camminate interiori altrimenti difficili.
“Ci si può inoltrare per strade imboccate quasi senza saperlo tanto il quotidiano vivere ti trasporta” concludeva.
Pian piano a Narcisa si accendeva lo sguardo: “ Grazie amica mia che mi hai stanato da casa oggi. Ci volevi proprio tu per spingermi ad uscire”.
Il fatto è che Laura aveva già aperto il pacco – dono che le era stato presentato un giorno. Qualcuno aveva suonato alla porta e le aveva offerto un pacco avvolto in una carta semplice, quasi anonima, che non stuzzicava per niente ad aprirlo.
Lo aveva messo da parte, su qualche scaffale. Poi un giorno…
Ora Laura spiegava a Narcisa ciò che lei poteva fare, con leggerezza e quasi antica sapienza.
“Sai, ora posso scegliere, cosa fare, con chi stare, dove andare. Per me è un percorso anzitutto interiore, che poi si fa passo fisico su per i monti o lungo il fiume, per le vie della città o dentro casa. Allora esco e cammino, con passo lieve, gli occhi aperti alla meraviglia come quelli di un bimbo, mi lascio incantare da tutto ciò che incontro, che vedo, che ascolto, che odoro”.
“ Si, ma io ho male ai piedi, devo mettermi scarpe goffe da ginnastica – rispose con tono di rimpianto l’amica, abituata a calzare scarpe con tacco, a vestire pellicce eleganti.”
“ Che dici ?” esclamò Laura con tono vivace. “Tu non sai quanto siamo ricche ora, coi nostri anni. Ricche di esperienza, di ferite che han reso robusta la nostra corteccia, di trucchi e di espedienti per affrontare le stagioni che avanzano, di esperienza nel cogliere anzitempo i segnali di ciò che accadrà. Non ti accorgi di quanto spesso intuiamo cosa accadrà? Come riusciamo a vedere nelle persone oltre le apparenze, quasi avessimo una vista potenziata nonostante la presbiopia avanzante?”
Narcisa annuiva convinta. E’ vero, succedeva anche a lei di vedere oltre la cortina del così detto reale.
Continuava Laura: “ Sfortunatamente siamo poco sagge, non riconosciamo queste doti. Preferiamo guardare appena oltre il naso, soffermarci sulle rughe che affollano il viso, che circondano gli occhi scavati, ascoltare al mattino le ossa gracchianti.
Occhi cuciti, orecchie tappate, non ascoltiamo la voce della nostra anima che ha spezzato i cordoni dell’apparenza, finalmente libera di rispettare se stessa. Non diamo retta a quella voce che nel tempo si è fatta spazio dentro, nel mondo profondo dell’Io, quella dell’amore.”
“Ah! L’amore! “ quanti sospiri in quelle parole di Narcisa mentre un vago rossore le coloriva le guance tonificandole. E nei suoi occhi scorrevano immagini di storie vive oggi come allora.
Laura continuava: “Sai, è ancora tempo di amore. Anche per te, per me. L’amore è senza limiti di spazio, di tempo, di luogo, di età. Non conosce barriere, è un’onda che parte da noi alla ricerca di nuovi ritmi, di nuove armonie. L’amore fluisce sempre, ancor più adesso per noi che l’età consente di sbriciolare le barriere che hanno bendato il corpo, la mente e il cuore.”
Narcisa interruppe l’amica: “ Scusa, e quel pacco che ti fu donato, che fine ha fatto?”
“Te l’ho detto. L’ho riposto su uno scaffale e dimenticato. Anonimo l’aspetto, non l’ho neppure aperto. Poi un giorno… era mattina, sole di primavera, gustavo il frullato di banane e arancia, quando sul tavolo è riapparso, ancora chiuso. Si offriva ai miei occhi e alle mie mani, ora sì curiose. L’ho scartato frettolosa come un bambino nel silenzio della stanza ritmato da un orologio che resiste a ticchettare.”
“E… che c’era? “ domandò Narcisa affascinata dal narrare dell’amica.
“ Un vestito, incredibilmente insensibile alla moda del giorno, l’ho indossato. Magica veste! E’ stato come tuffarsi in acque profonde per poi risalire a cercare la vita, lo stesso respiro di quando si nasce. Come dirti quel che mi è accaduto? Ero io e non più io, guardavo il mondo intorno e tutto era nuovo, la prospettiva era rovesciata. Ogni cosa appariva diversa, curiosamente nuova. Tutti i miei sensi erano amplificati, acutizzati. L’impossibile era possibile, il sogno diventava realtà.”
L’amica ascoltava incantata, come un bimbo che ascolta una storia di avventure.
Continuò Laura: “ C’era una chiave appesa alla cintura, quasi un pendaglio.
Ho tanto cercato la serratura per cui era stata forgiata. Alla fine ho scoperto che apre scrigni nascosti. Sai dove stavano? Ignorati da sempre, erano racchiusi in me, negli oscuri meandri dell’Io.”
Qui Laura sospese il narrare, persa nei ricordi, piacevoli da quel che si poteva cogliere dal sorriso rilassato del volto.
Riprese: “ Quel giorno si è aperta la diga che mi avvolgeva, e tutto ha dilagato oltre me stessa. La sfinge racchiusa in noi ha parlato finalmente, ho trovato risposta a enigmi sepolti da troppo tempo.”
Narcisa finì di gustare l’ultimo sorso di caffè con gli occhi colorati di nuova luce.
Aveva anche lei una Sfinge da far parlare? Si chiedeva.
Si abbracciarono dandosi appuntamento per il sabato successivo, ore 10.30, al Bar Fontana.
I passi risuonavano sul lastricato bagnato con una nuova elasticità.
La pioggia cadeva abbondante e pareva un battesimo dell’anima.