Le poesie di Silvana Dal Cero tendono a significare una reciproca compenetrazione tra mondo umano e naturale. E lo fanno con una misura talmente precisa che la penetrazione (nel fondo oscuro, nelle sedimentazioni dell’animo e nel labirinto della mente) avviene attraverso la mappatura delle superfici, secondo un passo e secondo moduli che possiamo definire della messa a fuoco più nitida. Così che temi di vasta portata, e di costante implicazione esistenziale, si fissano in componimenti pieni di luce e di colori. A maggior ragione, questo accade nell’ultima raccolta Io donna natura (Pegasus Edizioni, pp. 110, euro 10).
I versi netti e rigorosi ci immettono, ogni volta di incanto, in una dimensione autoriflessiva che quasi inavvertitamente si interroga sul mistero delle cose e sul significato della vita mentre ne subisce il fascino, per la legge dell’inversamente proporzionale. Come avviene esemplarmente nell’ultima raccolta, libro della maturità umana ed espressiva, il taccuino degli appunti e delle annotazioni è, insieme, l’album della memoria critica, l’almanacco della propria condizione e il diario delle pagine privilegiate trascelte a comporre (e a verificare, a interrogare, a mettere sotto processo) il senso di una vicenda e di una vita.
Nella coerenza di contenuti e di forme, la poesia di Silvana Dal Cero si è fatta ancora più incisiva, penetrante e coinvolgente. Alla maturità espressiva che già si dichiarava nelle precedenti raccolte, si è aggiunta una pratica stilistica affinata dall’esercizio. E, nel dettato conciso dei suoi versi, regna sempre di più una musicalità del profondo.