La notte di San Giovanni

Maria, svelta, vien sera. Metti una presa di sale sulla porta e vien dentro!”

La nonna Augusta sollecitava la nipote a rientrare visto che si avvicinava la notte delle streghe.

Lei sapeva che era una notte magica, da temere anche.

Maria però aveva solo voglia di tentare l’avventura. Così cercò di perdere tempo chiedendo alla madre:

Mamma, ma non dobbiamo mettere anche la scopa di traverso sulla porta? Così se si avvicina una strega inciampa e cade e noi facciamo tempo a sentirla?”

Maria chiedeva sapendo che la scopa stava fuori sotto il porticato, bisognava uscire a prenderla. La mamma rispose: “ Brava Maria che ti sei ricordata. Sì, vai a prenderla, dai svelta e mettila ben di traverso sugli scalini”.

Maria non se lo fece ripetere due volte e corse fuori, tutta eccitata, un misto di divertimento e di paura. Voleva e non voleva incontrare una strega, chissà , magari si faceva dare una pozione magica, oppure no, se la prendevano e se la portavano via.

A questa immagine Maria mise ali ai piedi, raccattò la scopa e rientrò ansimando in casa.

Tra il dire e il fare, eh! Si sa!, c’è di mezzo il mare.

La ragazzina era vivace, furba, desiderosa di avventure ma aveva anche una buona dose di buonsenso nella sua testolina arricciata e arruffata.

La porta a quel punto venne ben sprangata e tutti si riunirono intorno al tavolo per la cena. La lanterna spandeva una tenue luce gialla, un cono che si proiettava solo sui piatti, il resto della stanza era pressoché buia, qualche traccia vacillante di luce era data dalle lingue di fuoco del caminetto.

Una cena povera, fatta di patate bollite, un uovo sodo e alla fine una fettina di tortino di fichi secchi. Il dolce.

E adesso- dettò legge la Nonna Augusta – tutti a letto. Stanotte ci alzeremo insieme per i riti della magica notte. Voi mi aiuterete a rotolarmi sull’erba rugiadosa e così i miei reumatismi spariranno”. E sospirò soddisfatta.

Lei immaginava che non solo i reumi sarebbero spariti, ma che tutto il suo corpo sarebbe ringiovanito, diventato snello e scattante. Si diceva da sempre che la rugiada di questa notte tra il 23 e il 24 giugno fosse portentosa!

Mamma Bruna parlò: “ Tu Ettore, stanotte raccoglierai le noci acerbe, devi ricordarti di portare la pertica per battere i rami. Ti aiuterà Vittorio. Portatevi una lampada però. C’è una fetta di luna ma non so se riuscirete a vedere tra l’erba verde le noci verdi. Così tu Maria quest’anno imparerai da me a fare il nocino, un ottimo liquore che è pure curativo”.

Ettore andò a prendere la pertica che aveva già portato in casa e la pose accanto alla porta mentre Vittorio prese la lanterna e la colmò di olio. La pose accanto alla porta coi fiammiferi vicini.

Nonna Augusta continuò a impartire ordini.

Tu Angelica andrai con Giovanni a raccogliere le erbe che ormai conosci. Andate quando il cielo comincia a imbiancare, quando potrete ben distinguerle ma tanto ormai sai i luoghi dove crescono. Mi raccomando: la ruta, ne abbiamo bisogno tutti qui in casa. Ci aiuta a stare calmi e tranquilli e poi cura …”

Saltò fuori Maria, tutta vivace e briosa: “ La ruta migliora la circolazione del sangue e cura l’artrite. Si Nonna, lo sappiamo bene”.

Continuò Vittorio: mi ricorderò anche dell’ artemisia, che cura le malattie gravi, senza nome.”

E la salvia per il mal di pancia, e la menta per l’influenza” canterellò Angelica.

La Nonna si guardò attorno soddisfatta. I nipoti crescevano e apprendevano i suoi insegnamenti. La tradizione non si sarebbe perduta quando lei se ne fosse definitivamente andata e ciò la rendeva particolarmente orgogliosa della sua famiglia.

Intervenne Ettore, il figlio di Augusta:

E non dimenticheremo l’iperico – noto anche come “erba di San Giovanni”-, per cicatrizzare le ferite e il rosmarino per vincere la calvizie”,

Augusta si intromise con aria birba:

Già, a Ettore interessa molto il rosmarino, di capelli ormai se ne vedono pochi sulla tua cucurbita” scherzò.

E Mamma Bruna chiuse la lista:

Mi raccomando, tutti, tutti prendere l’aglio:

Chi non prende aglio a San Giovanni, è povero tutto l’anno”.

Tutta la famiglia sapeva bene che quella notte, che piacesse o facesse schifo, avrebbero masticato e raccolto aglio per combattere la povertà che rendeva le loro tasche perennemente vuote.

Pareva tutto chiaro e organizzato. Così sciamarono verso le relative camere per chiudere gli occhi per qualche ora.

Maria però aveva in mente ben altro e anche sua sorella Angelica.

Maria perché era curiosa come una mosca e lei ricordava bene una leggenda che raccontava così: a mezzanotte in punto una pianta di felce che nasce lungo i ruscelli fiorisce. Chi riuscirà a cogliere questo fiore acquisterà la fama di saggio e capacità di leggere il passato e prevedere il futuro.

E Maria voleva leggere il futuro, sapere in anticipo cosa avrebbe fatto, chi avrebbe incontrato, e magari, chissà, poteva dirlo anche ad altri. Sarebbe diventata la Saggia del paese. Un po’ come era adesso Nonna Augusta.

Però non se la sentiva di andare da sola a mezzanotte in giro per i prati. Così si mise d’accordo con Angelica:

Angelica, mi accompagni al ruscello a cercare il fiore di felce? Io poi vengo con te a cercare il cardo. Tanto lo so che tu hai in mente qualche giovanotto!”.

Angelica arrossendo, acconsentì felice: Si, era proprio questo che aveva in mente!

Raccogliere un cardo e poi bruciacchiarlo. Lo avrebbe poi infilato in qualche fenditura del muro di casa. Se la mattina dopo lo avesse visto bello verde e fresco come appena colto, per lei avrebbe significato una cosa meravigliosa: entro l’anno avrebbe trovato l’uomo della sua vita.

Già gli occhi luccicavano al pensiero.

Si sarebbero alzate un pochino prima di mezzanotte. Anche loro cercarono una lampada per sicurezza. La luna era a mezzo ma se poi ci si mettevano le nuvole a nasconderla?

Mentre le due sorelle chiacchieravano, sentirono dei rumori strani provenire dalla cucina. Si avvicinarono pian piano e videro, con grande sorpresa, Vittorio.

Vittorio, che ci fai in cucina a quest’ora? Hai ancora fame?”. Difatti teneva tra le mani un uovo e ne stava rompendo il guscio.

Vittorio arrossì e stava quasi per lasciar cadere l’uovo quando entrò la Nonna Augusta!

Ah! Quella birba. Aveva detto che sarebbe andata dormire per prima invece era lì che gironzolava per la casa.

Lo so io cosa vuol fare Vittorio!” esclamò. La stessa cosa che vuoi fare tu Angelica. Scommetto che vuoi mettere l’albume in un bicchiere, poi lo metterai sul davanzale della finestra. E se domattina l’albume sarà ricoperto di bollicine, vorrà significare che in breve tempo ti troverai una bella, buona, ricca ragazza. E’ Così Vittorio? Io credo anche di sapere su quale ragazza hai messo gli occhi!”

Non c’era niente da fare. Alla Nonna, coi suoi capelli bianchi e qualche difficoltà a camminare, non scappava nulla. I suoi occhi vedevano oltre i muri, oltre le parole.

Vittorio prese il coraggio a due mani e : “ Ebbene sì Nonna, hai detto giusto. Voglio anch’io fare l’esperimento dell’uovo.”

Nonna Augusta sorrise con aria sbarazzina rispondendo: “ Beh! Funziona! Come credete abbia fatto io a trovare vostro Nonno? E quanto ci siamo voluti bene! Neanche lo sapete voi giovanotti!”.

Anzi- soggiunse- ti do un consiglio Vittorio. Stanotte vai a raccogliere foglie di maggiorana,  verbena e valeriana. Poi le fai seccare al sole di giugno, quando son ben secche le schiacci finché diventano polvere. Infine, quando sei vicino alla ragazza di cui sei innamorato, zac… le butti addosso una manciata di questa polvere magica e il successo è garantito.”

A quel punto entrarono anche papà Ettore e Mamma Lucia. Erano tutti svegli con una gran voglia di uscire. Già perché in quella notte mille fuochi ardevano sulle colline e non solo del paese ma di tutta Europa, dal Nord al Sud.

Era una tradizione antichissima, pare fosse stata tramandata dai Fenici.

Ognuno raccolse la propria lanterna e appena messo piede nella corte si trovarono dentro un corteo. L’intero paese si stava muovendo, con le luci in mano, diretti ai falò sorti lungo i corsi d’ acqua che ora lanciavano faville al cielo.

Lungo i ruscelli vedevano persone entrare nell’acqua fino alla cintola, bagnarsi, raccoglierla e gettarla poi all’intorno in segno di benedizione.

L’acqua e il fuoco: simboli di purificazione; acqua e fuoco , aria e terra, gli elementi primi della vita. Senza di essi la vita sulla Terra non avrebbe potuto svilupparsi. Lo sapevano già gli antichi greci.

L’intera famiglia si trovò poi a cantare l’Inno alla Luce e pian piano, come lucciole che cercano il riposo, i mille falò si spensero e le lanterne si allontanarono sempre più, luci deboli nella notte ma potenti nel cuore.

La magica Notte di San Giovanni, la notte della rinascita della Luce. Ogni anno si ripeteva l’incanto: era la notte delle streghe si diceva ma quelle non osavano avvicinarsi alla luce, amavano il buio e i mille falò erano i fedeli guardiani di ogni casa, di ogni paese.

20 giugno 2018 – ore 21.51

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