Oggi è Natale. Gesù viene, con o senza il consenso dell’uomo, e se i governanti chiudono le persone in casa, Lui nasce lo stesso. Con fatica, ignorato, disprezzato, direi, peggio ancora, non riconosciuto. Ma Lui nasce.

Se pensiamo alle condizioni socio – politiche in cui Gesù è venuto alla luce, non possiamo lamentarci dei nostri tempi.

A pochi giorni dalla nascita, Maria e Giuseppe partono da Nazareth chiamati per il censimento. Lei incinta, con pochi ricambi, su un asinello. Macché auto, aerei, alberghi, telefoni!

Arrivano di notte a Betlemme, cercano una camera. Il parto è vicino, una stanza almeno per far nascere il Bambino.

Ma non c’è posto per loro! Certo non sono due ricchi viaggiatori. Immagino in che condizioni si saranno presentati: stravolti e sporchi per il viaggio, miserabili agli occhi dell’albergatore. Chi ha voglia di ospitare un barbone? Anche se il viso e gli occhi sono buoni e chiedono aiuto?

Trovano una caverna, almeno non ci sarà vento lì sotto la roccia. Dentro c’è già una mucca, è un riparo per animali, neppure una vera stalla, no no, una caverna.

Lì nasce Dio, nel freddo, tra una mucca e il suo asinello, con i suoi generosi e obbedienti genitori: Maria, la Madre, Giuseppe il Padre putativo, colui che alleverà il Bambino – Dio, il cui vero Padre è lo Spirito Santo.

Poco dopo arrivano a frotte i visitatori, anche loro miserabili, pastori che vivono all’addiaccio, poveri all’aspetto, forse anch’essi sporchi per la vita vissuta tra le bestie nei pascoli, sicuramente una fetta di cittadini che godono di scarsa considerazione. Non vivono in città ma nei campi con gli animali.

Ma proprio perché trascorrono la notte a ciel sereno, nel silenzio possono udire il canto degli Angeli e l’annuncio:

“Andate a Betlemme, in una grotta è nato il Salvatore”.

Incuriositi, si alzano a cercare.

Loro hanno udito, loro hanno creduto.

Quelli che stavano nel chiuso caldo delle proprie case, a finestre sbarrate, si sono persi l’evento che ha cambiato le sorti dell’Umanità.

Oltre a questi umili pastori, qualche tempo dopo arrivano Tre Re, i Magi, persone dotte che studiavano il cielo e le costellazioni, che misuravano e riconoscevano eventi straordinari come eclissi, Stelle Nove e comete.

Da curiosi sapienti, da tre luoghi diversi, si avviano per un viaggio dalla meta sconosciuta. Seguono la cometa che di giorno in giorno si sposta indicando la via. Viaggiano di notte, quando cala il buio e possono riconoscere in cielo la sua traiettoria. Sanno che questa non è una cometa qualsiasi. Annuncia la nascita di un Re, un loro pari grado: vogliono incontrarlo e portare dei doni.

Il viaggio è lungo, devono talvolta sostare per riposare, con i cammelli e tutto il seguito. Entrano così in città e non passano inosservati. Sono riconoscibili da tutti come stranieri importanti. Erode, il re della città, li vuole suoi ospiti. Mangia, parla, bevi, riposa, quattro chiacchiere ci stanno.

“Da dove venite? Dove siete diretti? Perché questi doni?”

I Re Magi, sapienti in scienza e ingenui in relazioni umane, raccontano:

“Seguiamo una cometa. Ci porterà là dove è nato il Re dei Re e noi andiamo ad adorarlo”.

Cerca, Erode, di saperne di più su questa strana nascita, si fa ospitale più che mai: “Restate almeno un po’, riposatevi! Se il viaggio è lungo serviranno nuove provviste..”

I tre Magi sono fermi nel loro proposito: partire al più presto.

Aspettare significa perdere di vista la Cometa. Già quella notte l’hanno cercata in cielo senza riconoscerla.

Il giorno dopo si incamminano all’alba, direzione a caso, studieranno le loro carte strada facendo.

Tribolano un po’, hanno ceduto alla tentazione dell’ozio, del lusso, del riposo, hanno perduto la luce che aveva illuminato le loro menti fino al giorno prima. Ma il richiamo è ancora forte nel cuore. Cercano, calcolano, studiano e finalmente arriva la risposta. Con il buio, nitido, compare l’astro – guida, si affrettano a seguirlo, stasera sembra aver fretta.

Ecco la caverna: c’è qualche lanterna lasciata dai pastori, panni di lana caldi, latte e formaggio. Cadono in ginocchio con i loro doni: oro, incenso e mirra. Doni importanti e costosi, destinati a un re ma qui non bastano.

In quella mangiatoia riconoscono il Re dell’Universo.

Lo narrano, a voce alta e melodiosa, i cieli immensi, stelle, pianeti e la cometa stessa:

“Noi esistiamo perché questo Bambino ci ha creati. Quando? Tanto tempo fa”.

Lo adorano a lungo. Poi, a malincuore, riprendono la via del ritorno.

Hanno ricevuto, come i pastori, una missione:” Portate al mondo intero la lieta notizia”.

La Terra è lunga e larga, immensa, d’ora in poi staranno sempre in cammino.

Un Angelo li avverte: ”Non passate da Erode, ignorate la vostra promessa. Lui vuole ucciderlo”.

La cometa torna a tracciare la strada, li accompagna fino a quando escono dal paese di Erode. Lasciandolo incattivito per la delusione e la paura di venire un giorno detronizzato da un piccolino che pretende di essere Re.

Così ebbe inizio l’arrivo di Dio sulla terra: rifiutato, povero, perseguitato o ignorato.

Anche quest’anno, su questo pianeta rinasce tra difficoltà, forse crescenti, forse uguali.

Oggi di re Erode ce ne sono tantissimi, i rumori invadono i paesi, il richiamo degli Angeli passa inosservato, la cometa in cielo è invisibile per la gran luce che artificiale riversata verso l’alto. Le persone, sempre più rinchiuse nei quattro muri di casa, hanno già molti dei. Uno in particolare ha preso il sopravvento di questi tempi: un dio in camice bianco, sempre occupato in ricerca, il computer è il suo collega, il laboratorio la sua casa.

Ho qualche dubbio però: forse lui stesso è al servizio di qualche altro dio.

Sulla Terra è morto il linguaggio originale con cui l’intero creato comunicava, basta nomi, basta parole. Ha preso il suo posto un’unica nuova lingua, incomprensibile, fatta di stringhe, di numeri e sigle.

Tutto ciò che esiste è riconosciuto e riconoscibile, in modo inequivocabile, attraverso il numero che gli è stato assegnato.

Tutto è mappato, dalle terre emerse, ai mari, al cielo, alle piante, agli animali, agli uragani, ai terremoti, ai virus, al DNA.

Tutto è raccolto e catalogato in un enorme libro che non può neppure essere preso in mano tanto è pesante.

Sta dentro la potente memoria di un PC. Al quale nulla sfugge, né a lui né ai suoi sacerdoti. La scienza ha rinchiuso in gabbia ogni cosa.

O piuttosto si illude.

C’è un bambino, innocuo a vederlo, sfuggito ai loro interessi, sta crescendo in luoghi nascosti, non è stato mappato, catalogato, studiato.

A Lui nulla è impossibile.

E sempre sarà Natale.

Dimmi cosa ne pensi, te ne sarei grata.

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