Sette e mezzo del mattino, poco traffico, il tempo di guardarmi attorno nel silenzio di un giorno appena sorto.
Vedevo lungo i campi, agli incroci di piccole strade, dei capitelli. Piccoli o grandi, più o meno belli, più o meno curati.
Tracce umane della sacralità in cui l’uomo un tempo era immerso.
Forse per il tipo di vita che conduceva, legato alle stagioni, al tempo. Toccava con mano la precarietà dei propri progetti, sperimentava la fragilità della stessa esistenza.
Ancora non comandava al vento, al sole, alla pioggia. La natura era una presenza con la quale doveva convivere e misurarsi.Chiesette di campagna, capitelli o cattedrali divenivano così un segno tangibile e visibile di ringraziamento, una richiesta di protezione e di aiuto.
Presenza divina sui luoghi di lavoro e sulle famiglie, sulle città.
Poi venne la stagione della scienza e l’uomo dimenticò quanto fossero poca cosa le sue forze. Conoscere…
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