Stamattina pioggia, grigio incombente, novembre da Giorno dei Morti solo …non era freddo. Al pomeriggio tracce sempre più ampie di azzurro cobalto fino ad invadere il cielo.
Monti dai contorni nitidi. Sole splendente, brillante. Mi ha chiamato fuori casa per la seconda volta.
Ero già uscita verso mezzodì. Con l’ombrello, ogni tanto uno scroscio improvviso di goccioloni. Ho gustato il passeggiare sotto la pioggia, nell’umido autunnale, nelle prime foglie cadute e marcescenti.
L’autunno stende un tappeto sotto i nostri passi per attutire il suono e calpestarlo.
Le foglie triturate sprofondano nell’humus umido, restano dentro il ciclo della vita, là dove morte e nascita si intrecciano senza fine.
Peccato che qui le foglie cadevano sull’asfalto, ridotte a immondizia ingombrante, fastidiosa e brutta, da rastrellare, insacchettare e buttare via.
Le strade asfaltate non ricevono né donano vita.
Restano impermeabili, grigio – resistenti al colore, al battito accelerato, alla danza dei passi di chi sa di essere TUTTO NEL TUTTO.
Spengono l’anima, troncano la vita, bloccano i sogni, come reti – ragnatele arraffano, stringono, incollano, paralizzano portando pian piano alla morte.