Nuova creazione

Arianna era di un altro mondo. Ora lo sapeva.

Era fuggita dalla città, mollando tablet e cellulare, con un semplice zaino sulle spalle semivuoto.

Giusto il tempo di riporci le cose indispensabili preparate mesi prima sul tavolino dello studio.

Sapeva che sarebbe arrivata l’ora della fuga.

Non pensava fosse così ravvicinata e neppure che sarebbe stata solitaria.

Da diversi giorni si era accorta di essere spiata. Non da persone, lei ne era certa, aveva invano cercato di individuarle dentro i suoi giorni.

Ma lì tutto appariva normale.

Eppure… sentiva una presenza assidua, la percepiva come un’onda che le vibrava intorno. Le sembrava di essere avvolta in una rete elettromagnetica che si sagomava secondo il suo agire, gli spostamenti che faceva…. E ancora più inquietante, parevano suggerirle i pensieri che le affioravano nella mente.

Ecco, questo era l’aspetto peggiore: questo sentirsi osservata dentro la mente.

Cominciavano a nascerle dubbi: era davvero lei a volere una pizza, a scegliere quel vestito o quella meta turistica?

Qualcosa si stava incuneando in lei, anche i sonni erano turbati e i sogni non erano più finestre spalancate sul passato e sul futuro inconsapevolmente ricreati.

Quel mattino era fuggita dopo aver visto il nuovo postino nuovo, dall’uniforme fiammante, infilare una cartolina nella sua cassetta.

L’aveva letta: un invito a presenziare ad un concerto, gratuito, di beneficenza. Nulla di più invitante ed innocuo.

Ma subito capì che il messaggio era un falso. Mentre leggeva vide mutare lettere e righe, non seppe poi spiegare come ciò fosse potuto accadere.

Un traduttore interno alla sua mente sillabò parole, le diceva che il concerto era una trappola. Una volta arrivata al teatro indicato, sarebbe stata marchiata, un sensore le sarebbe stato inserito sottopelle e da quel momento, qualcuno, non sapeva chi, avrebbe conosciuto ogni cosa: movimenti, pensieri, gusti, sentimenti. Sarebbe stata per sempre monitorata, nel corpo e nelle fibre profonde del suo essere, fino ad ora non del tutto noto neppure a lei stessa.

La voce interna del traduttore era forte e chiara. Vide subito chiara la strada da imboccare. 

Entrò in casa, jeans e tuta, carta e penna, acqua, temperino accendino, semi accantonati da tempo, kw e via.

Era solita fare la camminata al mattino lungo il fiume tra i boschi. Vi si diresse come il solito, si fermò per un caffè e una brioche. Tutto dentro di lei suggeriva di comportarsi nel modo più normale possibile.

Respiri fondi e regolari la aiutarono a normalizzare i battiti cardiaci.

Non era per niente facile convivere col senso di pericolo crescente che le era entrato dentro.

Lungo la strada salutò chi incontrava camminando con passo svelto, cadenzato. Erano le sette del mattino di un inizio primavera, quando il giorno albeggia presto e l’aria cristallina è una carezza sul volto.

Si inoltrò nel solito sentiero, lo seguì per un breve tratto poi cominciò ad imboccare sterrati nuovi, sentieri cui non aveva mai badato.

Si innalzava, si allontanava dalla pianura, se ne accorgeva per il respiro più ansante, per il panorama che si apriva sempre più, meraviglioso in quella prima alba.

I passanti si erano fatti sempre più radi fino a sparire.

Continuò a salire. Era una buona camminatrice: solitamente ci metteva piccole soste per gustare il paesaggio e respirare a pieni polmoni in libertà. La camminata era puro piacere, non un obbligo sportivo: non aveva chili in più da perdere, il fisico era asciutto. 

Ma quel mattino il passo si mantenne continuo, era sicuro come se le fossero note sia la strada da fare che la meta da raggiungere.

Camminò per ore, glielo diceva il sole ora alto in cielo. Forse mezzodì. Non sentiva i morsi della fame. Era spinta da una forza interiore che si traduceva anche in forza fisica. Arrivò sulla grande spianata, ora brulla dopo la tempesta.

Si guardò attorno, tutto era verde, prati a distesa, non rifugi non case. C’era solo una pozza d’acqua, dentro ci sguazzava una rana, intorno libellule azzurre sorvolavano lievi la superficie.

Attimi brevi di sosta e già udì il rombo di un mezzo aereo, cosa fosse non sapeva, sentiva solo che si avvicinava velocissimo.

Al rombo si affiancò il rumore di motori, quad sembravano arrampicarsi veloci sui fianchi della montagna. Arianna restò immobile, il panico l’aveva trasformata in roccia.

Fu un istante: un nugolo di libellule blu l’avvolse, la sollevò, confuso col blu del cielo pareva uno sciame in volo.

Lo spazio e il tempo si dileguarono, sparirono i rombi di motori, sparirono i confini del pianoro. Invisibile ad occhi umani e tecnologici, Arianna si sentì portare lontano.

Quando la nube di libellule si sciolse, ella vide terra e cieli nuovi, l’aria profumava di mondo appena creato. All’orizzonte brillava il mare, la sua voce la salutava.

Arianna si incamminò verso le rive lontane, sapeva che là avrebbe incontrato altri esseri, come lei traslocati dal vecchio mondo.

Nuova creazione.

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