La montagna innevata, nel tramonto, ha un che di triste e malinconico, soprattutto spira solitudine. Forse è fatta per cuori forti. Eleva la mente in alto, come aquila, in un volo solitario e silenzioso, distaccato dalla realtà.
Per sopportare questa magnificenza quanto roccioso deve essere l’animo?
Il mio si squaglia e piange o tende alla fuga. Visione troppo grande, insostenibile. Anche se le vette sono le ultime parti a cedere all’ombra della notta calante. Sembra l’ultima vedetta prima della resa. Il mondo si è disteso sotto la coltre tenebrosa, la montagna luccica, si staglia luminosa ancora contro il cielo e i suoi occhi di lassù vedono le ombre avanzare. Ma non si arrende. Sarà la prima a lasciarsi toccare dal raggio della luna: sarà freddo e argenteo ma è luce che cola sui fianchi, sugli speroni di roccia, sui crinali e li sveglia e spalanca i loro occhi che non lascino il cielo, il cielo deve essere guardato le stelle brillano perché ci siano occhi a guardarle. Dicono baluginando: “Sono qui, guardami, osserva l’universo che mi accoglie, la corona che ove sono incastonata e pensa a Chi mi ha creato. Chi?”
A questa domanda, dal sapore infinito, non è facile rispondere, bisogna aprirsi il petto e prendere il cuore in mano, alzarlo contro il cielo e attendere che risponda lui stesso, così nudo e esposto. Senza vita bisogna restare, fino a che il cuore trova la risposta, scioglie l’enigma. Allora soltanto tornerà dentro noi, a pulsare, vita nuova, dilagando calore in ogni cellula del nostro essere.
Ma solo un eroe ha il coraggio di strappare da sé il cuore e lasciarlo esposto a pulsare al ritmo dell’universo, al ritmo degli scintillii delle stelle, creando con loro armonie celesti. Rinunciando al suo cuore così come è, pugno chiuso al mondo, pieno di risposte già trovate, sordo all’universo, all’infinito.
Su quelle strade innevate, scoscese e ghiacciate, rischiose, là devo andare, col cuore in mano, a cogliere la musica dell’universo. Là devo andare, verso il sole che tramonta, verso la casa delle stelle, stella il cuore stesso che pulsa a nuovi ritmi.
Vincere la paura dell’infinito nuovo, andare, verso l’ultima luce che abbaglia la vetta.